Cogoleto foto e ricordi di SILVIA CODOGNOTTO SANDON

ottovolante acco

Se penso a Cogoleto, questa è la prima immagine che mi viene in mente. La vista dalla finestra della camera n.33 che i miei genitori prendevano ogni qualvolta andassero a Cogoleto (non importava la stagione….), soggiornando all’”Hotel Sereno” allora gestito dal Signor Testa.

Una volta, da questa finestra, si sentiva lo scampanellare del passaggio a livello che avvisava tutti, passanti e automobilisti, dell’arrivo del treno… In estate, con la finestra spesso aperta, si potevano scandire le ore associandole all’orario ferroviario.

Questa foto in particolare l’ho scattata col mio cellulare nel dicembre del 2012….quando per Natalino sia Cogoleto che Genova, organizzarono degli eventi per il Centerario della nascita. Io ero alloggiata proprio all’Hotel Sereno (con un altra gestione ovviamente) e chiesi della camera 33. Era una bella giornata e la prima cosa ho fatto è stata rendere concreta e viva quell’immagine che mi aveva accompagnato dal 1965, ultima volta che vidi Cogoleto…Con mio padre stavamo per partire con la “Michelangelo”, alla volta di New York e Natalino…prima di andare a Genova (venivamo da Milano dove abitavamo) volle fare un salto di 48 ore nella sua piccola città di mare….Era Luglio. Me lo ricordo perfettamente.

Eppure quella giornata invernale di 47 anni dopo, mi regalò la possibilità di avere dei colori estivi…per rendere definitivamente indelebile un’immagine.

ottovolante acco

Sempre dalla stessa finestra….vissuta (se ben ricordo) dal 1960 al 1965, come dicevo, a tempi alterni….si poteva avere un’ottima visuale della bella terrazza che dava su un parco, al tempo più folto e con una piccola discesa tutta verde, come un grande prato all’inglese, che portava al confine di quella che era la via di ingresso all’Hotel, oggi in realtà piu’ stretta per esigenze forse di spazio… E senza più quella ghiaia chiara e ovattatamente sonante, che avvisava l’arrivo di una o piu’ macchine. Solitamente, in estate, i bambini, al venerdi sera, attendevano con trepidazione l’arrivo dei papà,  finalmente liberi dalla settimana lavorativa, che si ricongiungevano alla famiglia fino alla domenica sera. Anch’io all’epoca, quando ero in quell’albergo sola, con le mie Tate, attendevo l’arrivo dei miei, che spesso si facevano attendere….arrivando magari quando tutti eravamo gia’ a tavola….

Ma il rumore dell’auto di mia madre (Natalino non guidava) l’avrei riconosciuto tra mille….e infatti quando accadeva, lasciavo il tavolo del ristorante per correre loro incontro. Felice del loro arrivo…

ottovolante acco

Ovviamente, uscendo dall’albergo, girando sulla destra incontravo la Chiesa Santa Maria Maggiore che introduceva al “budello” pieno di negozi e con un profumo di pane fresco e di focaccia genovese che invadeva l’aria ed attivava la voglia di entrare subito a comprare “qualcosa di buono” che sarebbe sparito in pochi minuti…
Sinceramente mi ricordo poco della Chiesa in quanto tale. La mia e’ stata un’educazione laica e quindi pur credendo ad un Essere Superiore, la mia famiglia non e’ mai stata troppo praticante. O meglio, si comportavano come – penso – molte famiglie di radice Cristiana. Osservando le regole base, le Festivita’ religiose, ma pur sempre lasciando alla Ragione un proprio spazio.
Dalla Chiesa a qualche metro….finalmente il mare…..

ottovolante acco

Questa foto l’ho fatta sempre nel Dicembre del 2012. Andai verso la spiaggia che allora frequentavamo d’estate, lo stabilimento “Il Lido” (visto recentemente nell’Agosto del 2015….molto carino e molto chic) e trovai questa costruzione di legno che, se ricordo, in stagione doveva essere uno ‘stand’ di ristoro.
Cosi’ mi dissero….  Ho sempre amato il mare. E’ nel mio DNA. Entrai quindi in questa costruzione, inattiva visto l’inverno, ma il sole e il mare erano li’ pronti per farsi fotografare.
Una figura maschile, in controluce, era seduta di spalle. Non so chi fosse. Per un momento ho pensato che fosse mio padre, venuto anche lui, in totale in incognito,  a festeggiare il suo Centenario.

Ciao Cogoleto.

Sei con me. Sempre.

Silvia Codognotto Sandon

3 commenti

  1. Complimenti, un articolo scritto con il cuore,sembrerebbe che quella bimba stia mangiando la focaccia a fianco alla chiesa!
    I ricordi sono sempre associati oltre che alle persone ,anche ai colori,ai profumi,ai rumori!
    In qualsiasi momento basta un nulla per aprire il baule dei ricordi,ma solo chi ha una grande sensibili6ce la può fare!

  2. Ciao Silvia. Bellissimo articolo. Mi ricordo di voi e dei racconti piacevoli dello zio Arturo fratello di tuo papà. Lui amava molto Natalino e ne andava fierissimo come d’altra parte la mia adorata nonna Maria. Conservo ancora alcuni dischi e ricordi che mi sono stati donati . Un caro abbraccio.

  3. Carissima Silvia, mi permetto il “carissima” in virtù dei miei 90 anni di età e dei miei 40 anni di giornalista de “l’Unità” (settembre 1956-giugno 1996), e dei miei 50 anni di giornalismo. Ho acquistato recentemente, il tuo libro-ricordo di papà Natale (Natalino Otto). L’ho letto con grande attenzione e ho vissuto le peripezie alle quali è andato incontro Otto. Un coraggio vieppiù da mettere sugli scudi, considerato gli anni nei quali ha vissuto. Ho anche scorso le considerazioni-commento su VENDO RITMO. Intendiamoci, sono commenti da rispettare, ma io presente in quel tempo, non li vedo da una “finestra” ma dal balcone affacciato sull’orizzonte, oltre la sua linea…
    Ho avuto padre ebreo, non iscritto al fascio, che per vivere alla giornata faceva persino lo scalpellino delle lapidi del cimitero del Verano. Siamo sfuggiti al rastrellamento nazista (coadiuvati dai repubblichini di Mussolini), perché non eravamo andati a trovare amici ebrei allo stesso Ghetto (….ottobre 1943). Lui fece il partigiano e io la piccola staffetta. Per me più di due anni di felicità: li avevo entrambi insieme a me!
    Ma ora mi fermo con queste digressioni personale e passo al bel libro. E’ un “ricordo” che mi ha toccato il cuore: tante notizie su papà che non conoscevo. Ha fatto il barista, il suonatore di batteria-cantante, il cantante “nero” a imitazione di Al Johnson, suonava il pianoforte a orecchio, sognava l’America e New York e andò in America (1932-1939). Visse nel crogiolo al tempo esaltante dello swing e del jazz. Fortunato, dico io, ma anche uomo proiettato verso il futuro: hai avuto un padre da amare e che ti ha amato con tutto se stesso. E quanti “sbagliato” hai dovuto mettere a posto. Infine, col maestro Gorni Kramer nacque il vero Natalino Otto.
    Devi sapere che a Roma c’era un negozio (1945-50) che affittava dischi e io. considerato che la domenica ballavamo in casa di amici, affittavo dischi dove c’era come cantante proprio Natalino Otto.
    Carissima Silvia, mi scuso per essermi troppo dilungato, ma ero sollecitato dalla possibilità, e dal piacere, di poter parlare di Otto con te, che hai vissuto con amore insieme a lui: una luce che mi ha scaldato il cuore in tempi così bui.
    Tuo, affettuosamente Giuliano

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